Quando urlavo, mia madre rideva. Le pizzicavo l’avambraccio per dirle che ero pronta, come un’accordatura, lei spalancava gli occhi per non perdersi la scena, le pupille che sporgevano umide in avanti. Allora mi premevo le mani sulle orecchie, prendevo fiato e vuotavo i polmoni, l’aria che mi si dilatava contro il palato e prendeva forma,Continua a leggere “Mia madre rideva”
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Non esisto
Passai davanti allo specchio del bagno, la bambina in collo – le sue labbra appiccicose contro il mio orecchio, il pannolino tiepido e pesante contro il palmo della mia mano. Sollevai lo sguardo, vidi la schiena di Lucia, i suoi capelli neri, metà della mia faccia: una lente d’occhiali, un sopracciglio, mezza bocca. La cicatriceContinua a leggere “Non esisto”
Souvenir
Le prime parole che ho imparato a leggere sono state quelle che componevano il nome di un albergo: Hotel Millefiere. Trovavo questa scritta stampata sul retro dei piatti di casa, ricamata sul taschino degli accappatoi e poi sulle penne, sui bloc-notes, sugli asciugamani bianchi che ci portavamo al mare, e che mia madre distendeva conContinua a leggere “Souvenir”
Senza fine
Sono in ritardo -, no, cancella. – Sto arrivando -, già meglio, invia. Sollevai lo sguardo, lo schermo del telefono ancora illuminato, e mi fermai. Una bara stava uscendo da un portone, una cassa da morto enorme, lucida e poderosa come un mobile nuovo – comò, armadio, tavolo da sei, buono per le cene diContinua a leggere “Senza fine”
Mia madre usciva di notte
Mia madre usciva di notte. Se ne andava di nascosto, dopo avermi messa a letto. Spegneva la luce, chiudeva la porta della mia stanza e accendeva la TV nella sua; cercava di ingannarmi, ma la sentivo. La sentivo che non si coricava e andava in bagno, la sentivo che invece di lavarsi i denti eContinua a leggere “Mia madre usciva di notte”
Nostra signora dei piccioni
Con le dita strappava il pane. Teneva una pagnotta in grembo e vi ficcava dentro la mano, si accaniva nelle viscere di quella crosta vecchia, come un’ostetrica che ti fruga in corpo per estrarre la creatura. Mi concentrai sulla malagrazia di quel gesto per non vedere ciò che stava intorno, il corpo dove quel braccio,Continua a leggere “Nostra signora dei piccioni”
L’abiura
Sirene dai capelli profumati alla fragola, ballerine alate, desiderabili e sinistre, con quella schiena da insetto e brillantina ovunque. Ballerine volanti azionate da un meccanismo a molla, la melodia dello spot pubblicitario, che ti resta attaccata alla lingua, come la porporina sui polpastrelli unti di merenda, quella melodia che è zucchero, e caria i denti,Continua a leggere “L’abiura”
La madre vegetale
Il giorno in cui decisi di avere un figlio, mi comprai una pianta. Una piccola pianta di ciclamino in un vaso di plastica; la vidi mentre aspettavo, in coda alle casse del supermercato, allora feci un passo di lato, fuori dalla fila – torno subito, rivolta alla signora dietro di me. Torno subito, signora, miContinua a leggere “La madre vegetale”
L’ultimo giorno della mia vita
L’ultimo giorno della mia vita Quel giorno, me lo ricordo benissimo, fu l’ultimo della mia vita. Non me ne accorsi subito, non lo vidi arrivare, come avrei potuto? Fu come quando i titoli di coda ti sorprendono troppo presto eppure ti danno sollievo, perché iniziavi ad annoiarti, la mano che teneva stretta la tua nonContinua a leggere “L’ultimo giorno della mia vita”
Pantofole rosa
L’uomo indossava delle pantofole rosa. Era un modello da donna, rosa a punta, le paillette argentate che ne incrostavano il tessuto e sembravano averlo rosicchiato. Erano un po’ sciupate, ingrigite, ma sulla destra sopravviveva il resto di un pompon o di un ciuffo di piume, che dava loro un’aria da uccello da cucina, da creaturaContinua a leggere “Pantofole rosa”